Self Coaching, come ritrovare sé stessi

Self Coaching, come ritrovare sé stessi

È possibile diventare coach di sé stessi? Quali sono i percorsi da seguire? Una professionista del settore ci racconta come farlo e quando invece non è possibile

Self Coaching, come ritrovare sé stessi

Coaching è diventata una parola piuttosto usata negli ultimi anni.

In quest’epoca di grandi cambiamenti e profonde trasformazioni in molti sentono l’esigenza di avere un supporto esterno che possa aiutare a raggiungere i propri obiettivi e a impartire nuove motivazioni.

Oggi però lo sviluppo di questa attività ha raggiunto un grado di sviluppo tale che sta avanzando la pratica del self coaching, ovvero di diventare coach di sé stessi. Non sempre ovviamente è possibile, ma in alcuni casi sì.

Abbiamo chiesto alla coach Marina Rachini quando è concepibile supportarci da soli, quali sono le modalità e quando invece è necessario un supporto esterno.

Considerare gli errori come esperienze di insegnamento

La cultura familiare e scolastica in cui siamo cresciuti ci ha abituato a giudicarci, invece di imparare dagli errori.

Facciamo un esempio: se nel nostro lavoro ci capita di avere un incontro disastroso con un cliente, abbiamo solitamente due possibilità: la prima è quella di giudicarci, lamentandoci di essere stati incapaci e totalmente inefficienti; la seconda, invece, è analizzare attentamente l’esperienza fatta, cercando di comprenderne la dinamica, in modo da poter capire dove si è sbagliato e formulare un nuovo piano di azione per la prossima volta, facendo tesoro degli errori per migliorare.

In sostanza, iniziare ad andare a scuola e imparare dalla nostra stessa vita.

Utilizzare la “tecnica dell’inventore”

Avete mai pensato a quante centinaia di tentativi falliti hanno attraversato Marconi o Edison prima di riuscire nella propria impresa? Ogni tentativo non andato a buon fine era comunque un’esperienza che insegnava qualcosa per il successivo, e questa tecnica si può utilizzare anche nel self coaching.

Come? Iniziando a compilare ogni sera un diario in cui ci si chiede quali attività abbiamo svolto con soddisfazione, dove ci siamo piaciuti, dove siamo migliorati, cosa abbiamo messo in pratica di ciò che ci eravamo proposti e indicare cosa non è andato per il verso giusto e perché.

Questa è la cosiddetta “tecnica dell’inventore” che ci permette di capire cosa impariamo alla luce dell’esperienze fatta, per cambiare la prossima volta o continuare sulla stessa strada.

Aprirci alle altre possibilità

Self coaching significa principalmente migliorare il cosiddetto “dialogo interno”, ovvero quella vocina mentale con cui ogni giorno parliamo.

Spesso questa voce ci dice che molte cose e attività sono impossibili da fare e si preferisce andare sul sicuro, percorrendo quindi strade già tracciate.

E’ importante provare ad accarezzare l’idea del “possibile” e quindi iniziare a chiederci “è possibile pensare che…” “cosa mi dice che io non possa..”.

Riscoprire il proprio valore

Una delle caratteristiche dell’essere umano è quello di abituarsi ai cambiamenti e “inglobarli”.

Ogni qual volta che introduciamo un cambiamento, questo diventa parte di noi, come se avessimo sempre saputo fare quella cosa.

Questo porta a considerare come scontate molte nuove risorse e risultati ottenuti: di tutto questo la nostra autostima ne risente, e quindi tendiamo a concentrarci unicamente sui nostri difetti, complicando solo le cose.

Nutrire invece l’autostima è un importante tassello per il self coaching.

Quando non è possibile fare self coaching

Nel coaching si lavora attraverso le domande, e in alcune situazioni di profondo cambiamento sono spesso potenti e talmente piene di senso che, per forza di cose, devono essere poste da un’altra persona (il coach), portatrice di un nuovo approccio da cui osservare le cose e che funge da “terzo occhio”.

Talvolta può accadere che non ci accorgiamo del nostro comportamento e non riusciamo quindi ad immaginare nuove possibilità e nuovi scenari.

In certe occasioni poi la figura del coach, anche solo come supporto emotivo, di confronto e di continuo sollecito, risulta essenziale.

È come quando siamo in palestra: sappiamo bene come svolgere gli esercizi, ma se non li facciamo con costanza non vedremo mai i risultati.

Per un approccio al selfcoaching è necessaria anche la lettura di testi sull’argomento.

Ne scegliamo un paio: “Migliora la tua vita! Manuale di self coaching” di Angelo Bonacci (Franco Angeli) e “Coaching: Come risvegliare il potenziale umano nel lavoro, nello sport, nella vita di tutti i giorni” di John Withmore (Alessio Roberti Editore).

Te la senti di essere il miglior alleato di te stesso?